IL TRIBUNALE

    Visti  gli  atti del proc. pen. n. 599/2006 R.G. Dib. (n. 3174/05
R.G.N.R.), iscritto a nome di Grado Simone,

                            O s s e r v a

    A  tenore  dell'art. 6, comma l del decreto legislativo 28 agosto
2000  n. 274  «tra  procedimenti  di competenza del giudice di pace e
procedimenti  di  competenza di altro giudice, si ha connessione solo
nel  caso  di  persona  imputata  di piu' reati commessi con una sola
azione od omissione», vale a dire in concorso formale.
    Cio'  vuoi  dire che, per espressa volonta' della legge, non v'e'
connessione  allorquando  un  reato di competenza del giudice di pace
sia  stato  commesso,  con  una  distinta  azione  od  omissione,  in
esecuzione  del  medesimo disegno criminoso nell'ambito del quale sia
stato commesso altro reato di competenza del tribunale (o della Corte
d'assise).
    In  altri  termini,  stando al testo della norma citata, il reato
continuato  (e  cioe'  l'ipotesi di una pluralita' di reati che siano
stati  commessi,  vuoi  in  tempi diversi, vuoi nel medesimo contesto
temporale con piu' azioni od omissioni esecutive del medesimo disegno
criminoso)  non da' luogo a connessione dei procedimenti agli effetti
della  modificazione della competenza per materia allorquando uno dei
reati  in concorso appartenga alla competenza per materia del giudice
di pace.
    In  applicazione  di  detta disposizione, questo giudice dovrebbe
dichiarare   la   propria   incompetenza   per   materia,  in  ordine
all'imputazione di lesione volontaria lievissima, dovendosi escludere
che  tale reato sia stato commesso in concorso formale con taluno dei
reati  ulteriori  ascritti al grado (vale a dire con la stessa azione
costitutiva di uno di essi).
    Sulla   scorta   di   tale  premessa  e'  lecito  dubitare  della
ragionevolezza  della  disposizione  dettata dall'art. 6, comma 1 del
decreto legislativo 274/2000.
    A  tal fine basti porre mente alle conseguenze che, di fatto e di
diritto,   discenderebbero  dalla  dichiarazione  d'incompetenza  per
materia   relativamente  al  reato  di  lesione  volontaria  e  dalla
successiva,  eventuale,  condanna  dell'imputato  per gli altri reati
ascrittigli.
    Invero,  vuoi  nel  caso  che  una  sentenza  di  condanna  fosse
pronunciata  dal Tribunale prima di quella pronunciata dal giudice di
pace,  vuoi  nel  caso  inverso,  il  giudice  che  si  accingesse  a
pronunciare  la seconda sentenza non potrebbe ignorare la circostanza
che  il reato (o i reati) oggetto della prima sentenza e' stato (sono
stati)   commesso  (commessi)  in  esecuzione  del  medesimo  disegno
criminoso,  e  non  potrebbe  astenersi  dal  determinare  la pena in
conformita' della disciplina relativa.
    E'  bensi'  vero che, in difetto, si potrebbe comunque provvedere
in sede di esecuzione ai sensi dell'art. 671 c.p.p., ma e' innegabile
che  in  tal modo si darebbe luogo ad una gratuita complicazione, con
conseguente ritardo nella definizione del processo.
    Si  aggiunga  che  il giudice di pace non puo' infliggere le pene
della  reclusione  o dell'arresto, cosicche' e' sommamente dubbio che
possa  applicare  un  aumento della pena inflitta dal tribunale, e lo
stesso  rilievo  varrebbe, mutatis mutandis, nel caso che la sentenza
del tribunale intervenisse dopo quella del giudice di pace.
    In    conclusione   e'   lecito   dubitare   della   legittimita'
costituzionale  dell'art. 6,  comma  1  decreto  legislativo 274/2000
nella  parte  in cui esclude che ricorra connessione tra procedimenti
di  competenza  del  g.d.p.  e  procedimenti  di  competenza di altro
giudice  nei casi di persona imputata di piu' reati commessi con piu'
azioni  od  omissioni  esecutive  di un medesimo disegno criminoso, e
cio' per contrasto con gli artt. 3 e 111, secondo comma Cost., per le
ragioni sopra esposte.
    La  questione e' rilevante ai fini del presente giudizio poiche',
diversamente  questo  giudice  dovrebbe  dichiararsi incompetente per
materia  in ordine ad uno dei reati contestati, ancorche' commesso in
evidente  esecuzione  del  medesimo disegno criminoso nell'ambito del
quale  sono  stati  commessi  tutti  gli  altri  reati  contestati (o
quantomeno quelli di minaccia e danneggiamento).